LA LITURGIA : SIGNIFICATO E BELLEZZA NELLA VITA DI UN SACERDOTE

La liturgia : il punto di riferimento della tua vita

 

liturgia miniaturaSpesso, nella mia attività professionale come nella mia vita quotidiana, mi trovo ad ascoltare opinioni sulla liturgia. Parlano di liturgia i sacerdoti, i fedeli e anche quelle persone che si sono allontanate dalla fede. Spesso, a proposito di liturgia e di stile liturgico, sento discorsi confusi.

Ecco perché ho voluto un po’ indagare e analizzare il significato di liturgia : in queste mie riflessioni, sono certo, potrai trovare anche argomenti utili da discutere e affrontare con i tuoi fedeli.

Cosa significa liturgia per un sacerdote come te?

Tutti conosciamo la Costituzione sulla Sacra Liturgia del Concilio Vaticano II, il Sacrosanctum Concilium. Qui si dice che la liturgia è, allo stesso tempo, sia il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa sia la fonte da cui promana tutto il suo vigore.

Se la liturgia, infatti, fosse soltanto il culmine della vita cattolica, liturgia significherebbe semplicemente il punto di arrivo del nostro cammino spirituale.

Invece la liturgia è, insieme e ancora prima, la fonte della vita della nostra Chiesa: la liturgia è la grazia, il dono che scende da Dio e che rende possibile il nostro cammino cristiano, la nostra storia spirituale e il nostro impegno quotidiano.

Se la liturgia è fonte ne consegue che tutti noi ritroviamo negli atti liturgici la nostra vitalità spirituale: senza la celebrazione liturgica la Chiesa non sarebbe una comunità più spontanea e genuina, come alcuni erroneamente credono.

Non è difficile capire il perché. Cos’è la liturgia, in fondo?

La liturgia è la ripresentazione nell’oggi del mistero di Cristo. E la Chiesa di cui tutti noi facciamo parte vive di questo mistero. La liturgia è la presenza di Cristo e la Chiesa vive della presenza del suo Signore. La liturgia è la salvezza qui e ora, in ogni tempo della storia. E la Chiesa vive di questa salvezza sempre presente.

Ecco perché la Liturgia è tanto importante nella nostra vita: nella tua vita di sacerdote, nella vita dei tuoi fedeli, nella vita della nostra Chiesa.

Il significato della liturgia che in molti non sanno comprendere

liturgia piviale

Quante volte ti sei sentito dire che quello che conta, alla fin fine, è il comportamento e la morale retta? Quante volte ti è capitato di sentirti dire che in fondo il rito è superfluo o che Dio comunque capisce l’intenzione del fedele, al di là dei gesti e dei simboli liturgici?

In fondo, a cosa servono i segni, i simboli e i gesti? Il segno della croce, l'inginocchiarsi, lo stare in piedi o il sedersi, i paramenti sacri solenni e le suppellettili: a cosa servono?

La mentalità di molti, oggi, è intrisa dell’illuminismo più superficiale e di un intellettualismo sterile e cieco. Questa mentalità, che a prima vista può anche sembrare un modo per riscoprire la verità e la genuinità del messaggero evangelico, in realtà non fa altro che relegare il rito nell'ambito dell’accessorio e del superfluo. Addirittura, a volte un simile modo di pensare fa coincidere la liturgia con la superstizione.

Ma questa mentalità è assai miope: non comprende, e in realtà non può comprendere a causa del suo razionalismo deformante, quanto la posta in gioco sia alta.

Il centro della questione, come ci ricordava l’allora cardinale Ratzinger, è soprattutto teologico e spirituale :

"L'uomo cerca sempre il modo giusto di onorare Dio, una forma di preghiera e di culto comune che piaccia a Dio stesso e sia conforme alla sua natura. In questo contesto si può ricordare che la parola "ortodossia" all'origine non significava, come oggi quasi sempre si intende, "retta dottrina". (…) nel linguaggio cristiano, essa significa qualcosa come "vera apparenza", vale a dire: "gloria di Dio". Ortodossia significa quindi il modo giusto di onorare Dio e la retta forma di adorazione”

Il rito liturgico e lo stile liturgico sono dunque per i cristiani la forma concreta, che supera i tempi e gli spazi, per adorare Dio e santificare il sacrificio del Figlio. L’idea di liturgia come “fonte” ci ricorda che la priorità della nostra vita e della vita delle nostre comunità, come anche dei nostri progetti pastorali, deve essere Dio. E Dio solo. Tutto il resto verrà di conseguenza.

La liturgia è la vita della Chiesa: la liturgia è il punto di riferimento della tua vita sacerdotale

Ecco il punto fondamentale: la liturgia come rito e culto è in realtà liturgia come vita.

Pensa ad esempio alle parole della consacrazione: "Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi - questo è il mio sangue versato per voi."

Senza volerne forzare il significato, si può evidenziarne un altro significato secondario in queste parole, come del resto anche San Paolo ha scritto: "Offrite il vostro corpo come ostia vivente, santa, gradevole a Dio, in culto spirituale" (Rom., XII, 1).

La liturgia, in altre parole, è la strada migliore per la imitatio Christi.

Ecco perché è fondamentale riscoprire l’importanza di uno stile liturgico degno e solenne ed ecco perché diventa assolutamente necessario un atteggiamento equilibrato, capace di tenere insieme la prospettiva simbolico-rituale e quella canonico-disciplinare.

Non l’una senza l’altra, ma l’una assieme l’altra.

Partecipare a una realtà come quella della liturgia è un’esperienza che ci coinvolge, come uomini e donne, in ogni nostra dimensione: spirito, intelligenza, corpo, volontà, emozione, sentimento, azione…

L’esteriorità del nostro agire e il suo fondamento interiore risultano entrambi necessari.

Proprio perché è un’esperienza vitale, la liturgia non può che riguardare l’intera complessità della nostra persona.

D’altra parte, pensaci: come partecipano i tuoi fedeli durante la celebrazione eucaristica? In molti modi, mica solo in uno: è una partecipazione che avviene ascoltando la lettura dei testi sacri, ma è anche una partecipazione che avviene compiendo alcuni gesti, come ad esempio inginocchiarsi o alzarsi. è una partecipazione in cui agisce anche il corpo.

Nel mistero celebrato entriamo con tutta la complessità del nostro essere persone umane, fatte di spirito e di corpo. Ed è per questo che la liturgia ricerca sempre quel giusto equilibrio di componenti che danno la possibilità di vivere un’esperienza completa, che coinvolge ogni nostra dimensione: spirito, anima e corpo.

La liturgia è anche corpo: il tuo corpo di sacerdote, il corpo che comunica ai fedeli

La rivalutazione del rito, della gestualità, delle cerimonie, che non sono soltanto atteggiamenti esteriori e superficiali, servono quindi a dare completezza alla nostra esperienza sacra, esprimendo, in maniera visibile agli altri, l'interiorità del nostro spirito.

La liturgia, in questo modo, fa giustizia anche contro alcune tendenze spiritualiste troppo estremizzate. L'uomo è composto di parte sensibile e parte spirituale, ha una dimensione visibile ed una interiore. Come abbiamo detto, ha anima e corpo: e l’anima ha bisogno del corpo per la sua manifestazione. Il corpo è il primo e fondamentale strumento di cui l'anima ha bisogno, per esprimersi ed entrare in comunicazione con gli altri e con i fedeli.

Di più. Come scriveva sempre il cardinale Ratzinger:

"in quanto uomo, egli può incontrare Dio solo in modo umano. In modo umano però vuol dire: nella forma della comunione, della corporeità e della storicità"

In questo contesto, celebrare la messa nel rispetto delle norme liturgiche e con un’adeguata valorizzazione della ricchezza dei segni e dei gesti non può che favorire e promuovere la crescita della fede e dell’esperienza religiosa. Nella celebrazione eucaristica noi non inventiamo qualcosa, ma entriamo in una realtà che ci precede e che ci sovrasta: andiamo incontro alla realtà di Dio presente nel corpo e sangue di Cristo risorto tra di noi.

Ecco un aspetto troppo spesso dimenticato o trascurato: le prescrizioni liturgiche e uno stile liturgico adeguato e solenne non sono cose esteriori o, peggio, lussi che un sacerdote non deve concedersi, ma esprimono concretamente questa realtà della rivelazione del corpo e sangue di Cristo. Affinché possiamo dire che “la migliore catechesi sull’Eucaristia è la stessa Eucaristia ben celebrata” (Sacramentum caritatis, 64).

La liturgia è rivestirsi dello splendore della verità

Voglio citare integralmente un intervento di Benedetto XVI, nell’Esortazione apostolica post sinodale sull’Eucaristia Sacramentum caritatis:

“La liturgia, infatti, come del resto la Rivelazione cristiana, ha un intrinseco legame con la bellezza: è veritatis splendor… Tale attributo cui facciamo riferimento non è mero estetismo, ma modalità con cui la verità dell’amore di Dio in Cristo ci raggiunge, ci affascina, ci rapisce, facendoci uscire da noi stessi e attraendoci così verso la nostra vera vocazione: l’amore… La vera bellezza è l’amore di Dio che si è definitivamente a noi rivelato nel Mistero pasquale. La bellezza della liturgia è parte di questo mistero; essa è espressione altissima della gloria di Dio e costituisce, in un certo senso, un affacciarsi del Cielo sulla terra… La bellezza pertanto non è un fatto decorativo dell’azione liturgica; ne è piuttosto elemento costitutivo, in quanto è attributo di Dio stesso e della sua rivelazione. Tutto ciò deve renderci consapevoli di quale attenzione si debba avere perché l’azione liturgica risplenda secondo la propria natura”

Le parole del Papa emerito non potrebbero essere più chiare.

Quali conseguenze dobbiamo trarre?

Innanzitutto, che non è ammissibile alcuna forma di grettezza, di minimalismo e di pauperismo nella celebrazione liturgica.

Il bello è il modo attraverso cui risplende nelle nostre liturgie, pur se in maniera riflessa e pallida, il mistero della bellezza dell’amore di Dio. Ecco perché non faremo mai abbastanza per rendere belli i nostri riti.

Ce lo insegna la tradizione della Chiesa, che nella sua lunga storia non ha mai avuto timore di “sprecare” per circondare la celebrazione liturgica con le espressioni più alte dell’arte: dall’architettura, alla scultura, alla musica, agli oggetti sacri.

Ce lo insegnano i santi che, pur nella loro personale povertà ed eroica carità, hanno sempre desiderato che al culto fosse destinato il meglio.

La liturgia come legame profondo tra bellezza e sacralità

liturgia cattedrale

Vale ancora una volta quanto affermato da Benedetto XVI, sempre nella Sacramentum caritatis: “Il legame profondo tra la bellezza e la liturgia deve farci considerare con attenzione tutte le espressioni artistiche poste al servizio della celebrazione”.

Di fronte alla bellezza indicibile della carità di Dio, che prende forma nel mistero del suo figlio incarnato, morto e risorto per noi, e che trova nella liturgia la sua manifestazione sacramentale, non resta altro, al fedele, che l’ammirazione e l’adorazione.

Ecco perché tutto nella celebrazione liturgica deve condurre all’adorazione: la musica, il canto, il silenzio, il modo di proclamare la parola di Dio e il modo di pregare, la gestualità, le suppellettili sacre, così come anche i paramenti sacri solenni.

La nobilità, la bellezza, l'armonia, la capacità di uscire fuori dall'ordinario della vita quotidiana per farci entrare nello spazio sacro di Dio: questi e solo questi sono i criteri in base ai quali devi distinguere ciò che può essere accolto e ciò che non può essere accolto nelle celebrazioni liturgiche.

La liturgia che vivi ogni giorno tende davvero in ogni suo aspetto, piccolo o grande che sia, verso questa sacra bellezza?

Quale centralità ha il crocifisso e la bellezza del sacro nelle nostre celebrazioni, a ricordarci che Cristo e il suo sacrificio d’amore sono il motivo del nostro ritrovarci?

Non accade invece, a volte, che le nostre liturgie si preoccupano troppo di apparire modeste e umili, perché ciò che più ha valore è il giudizio degli altri, mentre viene meno l’attenzione e il culto, anche attraverso la bellezza dei segni esteriori, che dobbiamo alla sacralità di Dio?

Vincenzo Busco

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